La diciassettesima edizione di Più libri più liberi ha inaugurato una nuova iniziativa di AIE – Associazione Italiana Editori dedicata tutta al mondo del bookblogging. In un’epoca in cui la comunicazione online acquista sempre maggiore importanza e i tempi per trasmettere un’idea, un’informazione si accorciano, diventa cruciale per l’editoria stare al passo con le novità comunicative offerte dai nuovi strumenti.
E così, la casa editrice che aveva appena imparato a fotografare i libri nelle pose migliori per organizzare il profilo su Instagram, si trova da un giorno all’altro di fronte a nuove funzioni, a dover capire come fare stories efficaci, creare sondaggi per rendere interattivo il dialogo coi propri lettori. Per non parlare dell’editore che, costruito in anni il proprio pubblico e tono da mantenere su Facebook, si trova all’improvviso a lottare con un nuovo algoritmo che non fa comparire i propri post e allora il social media manager (quando c’è) deve imparare a sponsorizzare in maniera intelligente. Oppure a investire in nuove competenze per produrre video, contenuti privilegiati dagli utenti.
La comunicazione online e social è in continuo aggiornamento e in un processo di innovazione costante. Necessita competenze interne, soprattutto per chi i propri libri li vuole vendere e, quindi, prima di tutto farli conoscere al lettore. La capacità della casa editrice sta nel riuscire a capire come arrivare al lettore, se non quando direttamente almeno attraverso nuove figure capaci di consigliare, di appassionarsi a una linea editoriale, a una collana: un influencer, appunto. In questo senso, negli ultimi anni è nata una nuova figura nel mondo del libro: il bookblogger. Una persona appassionata di libri, spesso giovane o giovanissima, che decide di condividere il proprio amore per le storie, per la letteratura e prima di tutto per l’oggetto libro.
I lettori si affezionano a queste figure capaci di fare intermediari con l’editore e ancor più con una produzione vastissima in cui a volte è ostico orientarsi. È la logica del passaparola che sempre ha funzionato molto nel mondo del libro e che, ora, si trasferisce sul web: se il lettore non sa (e non ha tempo e non vuole) orientarsi tra le migliaia di novità che escono ogni anno, c’è qualcuno che può dare delle indicazioni basate sulle proprie preferenze.
È per questo che in questa edizione di Più libri, AIE ha pensato a un’iniziativa per fare incontrare la piccola e media editoria con i blogger: l’idea è quella di creare un’occasione di ritrovo, un momento di presentazione in cui gli editori provano a «fare innamorare» un gruppo di bookblogger conosciuti e amati in Italia. Hanno partecipato a questa iniziativa Paolo Armelli, Giulia Ciarapica, Laura Ganzetti (Il tè tostato), Giulia Telli (Mamma che libro!) ed è stata data la possibilità a 10 case editrici presenti alla manifestazione di farsi conoscere. Pochi minuti per presentarsi, parlare delle proprie novità e soprattutto dare un volto al nome di un marchio. Un’iniziativa che ha raccolto tantissime adesioni e che nella prossima edizione si auspica possa essere riproposta magari in un format che coinvolga più editori.
Dopo aver passato la mattinata così, i blogger hanno preso in mano il microfono per raccontare al pubblico ciò che fanno, in un incontro del programma professionale I bookblogger e gli editori come punti di riferimento di una community. Dall’evento è emersa una serie di dati grazie cui fare considerazioni complesse.
Cosa porta il lettore a scegliere di acquistare e di leggere un determinato titolo tra le migliaia pubblicate ogni anno? A farla da padrone è ancora il «passaparola»: il consiglio da parte di amici viene indicato al 27% delle motivazioni che spingono alla scelta di un libro. Cresce l’importanza del consiglio dato da una community (9%) e attraverso i social (9%). E forse la fortuna del bookblogger nasce proprio nell’essere percepito come una persona fidata, di buon gusto e soprattutto che consiglia ciò che davvero gli piace, senza essere inserito all’interno di alcune logiche editoriali che necessariamente sottendono al lavoro del giornalista.
Nelle fasce più giovani questi valori diventano più importanti: 18-24 (12% social e 12% community) e 25-35 (15% e 15%). Guardando alla tipologia di lettore che si serve del mondo web per farsi consigliare sui libri, il dato diventa ancora più importante tra i lettori forti, che per loro natura leggono anche digitale e che sentono la necessità di confrontarsi all’interno di una community di altri lettori online.
Il 20% dei lettori dichiara di aver scelto il proprio libro grazie a consigli raccolti sul web. Non solo: il 51% di chi compra online si fa ispirare da informazioni e suggerimenti presenti in siti o blog dedicati alla lettura. Ma più in generale social e community online sono sempre più spesso un canale sia dove trovare informazioni sui libri da acquistare e leggere, sia per accedere ai contenuti stessi.
Al contrario sembra perdere peso la stampa, le recensioni o le segnalazioni fatte sui giornali o in televisione, a meno che non si tratti di articoli fatti da grandi firme o da apprezzamenti (ma anche stroncature) fatte da nomi famosi o con largo seguito. Questo avviene anche per una perdita di fiducia nei confronti dei media tradizionali da parte dell’acquirente. Che un articolo su carta stampata sarà in grado di influenzare il lettore comune oggi è un dato dubbio, alle volte è anzi più probabile che una sola «storia» su Instagram sposti più vendite e inneschi a sua volta un processo di passaparola tra gli utenti.
Si capisce allora perché per un editore diventa sempre più importante farsi conoscere e mettersi in contatto (o meglio ancora: in dialogo continuo, raccontandosi e raccogliendo i feedback) coi blogger. Soprattutto in un panorama editoriale complesso o in cui spesso finiscono ad avere maggiore visibilità i marchi editoriali più grandi, questa diventa un’opportunità enorme per editori nati da poco, oppure piccoli o di nicchia.
Come? Attraverso progetti su lungo termine, condivisione degli intenti, e soprattutto un rapporto sincero. Perché è bene ricordare che i bookblogger sono prima di tutti lettori appassionati, e una delle prime regole per una buona editoria è: non prendere mai in giro il proprio lettore.
Un consiglio agli editori? Fare un piano di comunicazione apposita anche per questo aspetto e «spingere» soltanto quei pochi titoli che si sente di consigliare di più, perché sono quelli in cui ha creduto di più. Si tratta di un investimento prima di tutto di cuore: al bookblogger deve arrivare la passione messa per confezionare quel prodotto e questo può avvenire soltanto con un rapporto di fiducia. È così che si genera la famosa catena del passaparola di un libro, sulla fiducia e i buoni intenti: prima di tutto editore-bookblogger e in seguito bookblogger-lettore.
Di Denise Nobili
Questo è un articolo del Giornale della Libreria.