Nel lanciare un nuovo evento come le date di una fiera, la sfida è sempre quella di farsi conoscere non solo dagli addetti ai lavori, ma anche dal pubblico: è per farsi notare tra i moltissimi eventi che hanno luogo ogni giorno in una città come Roma, bisogna avere una strategia di pianificazione della comunicazione efficace e una gestione degli spazi pubblicitari che riesca a sfruttare al meglio il proprio budget per arrivare a «toccare» quante più persone possibili.

Nel parlare delle professionalità che vanno a dare vita alla fiera Più libri più liberi, dunque, non poteva mancare un appuntamento con chi si occupa (dalla prima edizione di PLPL del 2002) degli acquisti degli spazi pubblicitari, dalla cartellonistica ai quotidiani, fino ai biglietti della metropolitana: Maddalena Gambarini, dello studio Gambarini&Muti.
Quando è cominciata la sua collaborazione con la fiera? E come si è evoluta nel corso degli anni?

La collaborazione è nata nel 2002 con la progettazione del logo Più libri più liberi e della campagna pubblicitaria. L’idea ci è venuta partendo dal naming della stessa fiera, ideato da Enrico Iacometti, che era allora presidente dei Piccoli editori: abbiamo voluto «condensare» il nome lungo in un’immagine breve e funzionale. Giustamente Iacometti non voleva assolutamente rinunciare al doppio significato del nome, quindi Luigi Gambarini, che ha influenzato e orientato la parte creativa, coordinata da Lucia Muti, ha suggerito di ispirarsi ai segni della correzione di bozze. Il risultato così non solo ha mantenuto il nome, ma richiama anche nella forma la natura editoriale della manifestazione.

L’opportunità con Più Libri è nata grazie alla nostra collaborazione per la strategia di comunicazione per il Salone del Libro di Torino (durata quasi un decennio). Il primo passo è stato lo svolgimento di un’indagine preliminare sulle aspettative degli editori e di alcune tipologie di visitatori professionali. Un’indagine che è servita a rincuorare gli organizzatori perché, anche se non mancava chi nutriva dei dubbi a riguardo, c’era molta volontà di emergere da parte dei piccoli editori e il campione che avevamo contattato rispose mettendo in luce una gran voglia di dare avvio al progetto, anche per il suo posizionamento all’epoca originale e molto gradito. Occuparci di un salone per i piccoli editori è stata fonte di grande entusiasmo per noi. Fino al 2009 ci siamo occupati anche della creatività, e abbiamo ideato molte copy strategy che ricordiamo con piacere, come quella doppia del 2004: La vetrina più esclusiva della piccola e media editoria è a Roma e Il piacere di scoprire diecimila libri. Ci piaceva l’idea di identificare Più libri come un luogo e un momento in cui è possibile per i lettori trovare (o scoprire) editori e titoli nuovi.
Come avete gestito, nel corso degli anni, la distribuzione degli spazi pubblicitari a Roma e a livello nazionale?

Quello che abbiamo sempre voluto sottolineare, un messaggio mantenuto costante, è che Più libri è la prima fiera nazionale della piccola e media editoria. Abbiamo puntato l’acceleratore sulla novità di questo formato, sul fatto che i piccoli editori fossero i protagonisti centrali. La campagna pubblicitaria invece si è evoluta negli anni. Nelle prime tre edizioni ha visto la presenza su RaiTv in prima serata e sui principali quotidiani nazionali, oltre ad una presenza importante sulla città attraverso l’affissione nella metropolitana e dinamica, in particolare sui bus.

Dal secondo anno la campagna radiofonica è stata integrata con una presenza su Radio Rai. Vorrei anche sottolineare che sicuramente il mezzo radiofonico, in particolare nella persona di Marino Sinibaldi e del caffè letterario (che non fa parte dei media e delle strategie da noi gestite) è stato un grande diffusore delle giornate di Roma e il fatto che ci fosse e ci sia tuttora la diretta è una bella attività di supporto, un «megafono» potremmo dire, per tutta la fiera.

Dall’edizione 2005 la campagna pubblicitaria è stata integrata su Roma attraverso l’introduzione di grandi manifesti 6 metri per 3 in posizioni ad alto impatto, e con una buona quota di manifesti illuminati integrata con annunci sui quotidiani locali; mentre dal 2006, a partire dal cambiamento del panorama delle affissioni a Roma, si sono scelti formati che coprivano posizioni più centrali. Abbiamo scelto formati medi per raggiungere il centro e aumentare la frequenza; mentre al contrario sui quotidiani abbiamo abbandonato spazi piccoli con alta frequenza per dare più spazio ai contenuti, perché fosse chiaro che Più libri non è solo una vetrina, ma un ricco contenitore di incontri, con l’idea di una fiera che si vive tutto il giorno.

Un cambio dettato anche dalla nostra esperienza e dai risultati raggiunti: all’inizio siamo partiti con risorse contenute, quindi i primi anni abbiamo deciso di concentrarci soprattutto sul mezzo televisivo, perché avevamo bisogno di affermarci. Inoltre, come si accennava, a Roma poi ci sono stati dei cambiamenti riguardo alle affissioni: il Comune ha ridotto gli spazi 6×3 a 4×3, quindi c’è stata una revisione dei mezzi che avevamo a disposizione. Da lì l’idea di avvicinarci al centro, al cuore della città, sfruttando questo cambiamento imprevisto. Attraverso spazi minori ma più numerosi, in luoghi molto frequentati, abbiamo cercato di raggiungere anche quelle persone che magari senza l’affissione non avrebbero conosciuto la fiera.

Per quanto riguarda la grafica, il coordinamento con lo studio Bunker è pressoché quotidiano, soprattutto sotto fiera. Loro hanno totale libertà sulla creatività, e insieme a noi si gestisce solo quelle che sono le dimensioni necessarie per tutto quello che è il piano media, dagli annunci sui quotidiani e sulla radio (per cui sono loro a creare uno spot) alla cartellonistica. Le informazioni che noi passiamo per quanto riguarda il mezzo sono magari da stimolo nella realizzazione del messaggio.

Più libri occupa anche spazi pubblicitari particolari, come ad esempio i biglietti dei mezzi pubblici romani. Com’è nato il rapporto con Atac e in che logica sono stati sviluppati questi spazi?

Grazie all’accordo con Atac abbiamo a disposizione fin dalla prima edizione 2 milioni di biglietti personalizzati, diffusi tra ottobre e novembre, che promuovono un ingresso scontato a chi si reca alla fiera con i mezzi pubblici. Un lavoro cresciuto insieme a loro: i biglietti sono una delle idee a cui abbiamo dato vita sin dall’inizio. Sono nati come attività il cui duplice obiettivo è far sì che i biglietti portino persone in fiera, e che queste persone ci arrivino sui loro mezzi.
Altri spazi non convenzionali che abbiamo utilizzato negli ultimi tre anni, sempre tra quelli gestiti da Atac, sono stati le biglietterie e i tornelli brandizzati.

La collaborazione con Atac viene di anno in anno analizzata e dove possibile integrata rispetto agli strumenti messi a disposizione, anche di tipo non convenzionale: ad esempio nel 2014 Zerocalcare ha disegnato un murales all’entrata della stazione metropolitana di Rebibbia, realizzando un’opera che è un omaggio al suo quartiere e, al contempo, portando i fumetti e Più libri nel territorio urbano.

In conclusione, possiamo affermare che la campagna pubblicitaria viene veicolata sui media più in target, con gli occhi aperti verso idee innovative e particolari; il nostro obiettivo è ovviamente quello di ottenere la massima efficacia abbinata alla più alta convenienza.

Antonio Lolli


Questo è un articolo della newsletter di Più libri più liberi a cura del Giornale della Libreria, per consultarla clicca qui.