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Libri in scatola, giochi da sfogliare. La storia a colori di Milimbo

3 novembre 2016

«Nel 2007 Julia Pelletier ideò a Barcellona il festival Como Pedro por mi casa, dedicato alla piccola editoria, e ci chiese di partecipare». A parlare è Juanjo Oller, uno dei fondatori di Milimbo, uno studio di disegno grafico che è anche una piccola casa editrice di libri «per chi si sente bambino». Nato nei pressi di Valencia quasi dieci anni fa, Milimbo fa la prima comparsa da editore al festival barcellonese: «Julia aveva una bellissima libreria della quale eravamo assidui frequentatori, si chiamava Comité e ci ha fatto conoscere editori come Nieves e Napa Books, che ci hanno fortemente ispirati», continua Juanjo. «Accettammo con entusiasmo il suo invito e per l’occasione cominciammo a lavorare al nostro primo libro: Y recuerda…, una rielaborazione della favola di Cappuccetto rosso dei fratelli Grimm».

Dopo questa partenza, qual è diventato il progetto editoriale di Milimbo? Quali sono i libri che pubblica e a quale pubblico si rivolge?

Ci piacciono molto i racconti. Prima ancora di pubblicarli, collezionavamo libri illustrati e fiabe popolari provenienti da tutto il mondo e ci è sembrata una buona idea cominciare, da editori, con i classici del genere. Un’abitudine che non abbiamo perduto col tempo: nel costruire la nostra presenza editoriale, infatti, ci facciamo ancora guidare dall’idea di rivitalizzare gli archetipi della narrazione popolare. A Cappuccetto rosso abbiamo fatto seguire Hansel e Gretel e Una rubia de rusia, una divertente reinterpretazione di Riccioli d’oro e i tre orsi. Da lì in avanti abbiamo cominciato a fare sperimentazione sulla forma libro, dilatandola e stravolgendola, fino a mutarla in veri e propri giochi di carta e cartone. I libri di Milimbo vogliono riconnettere lettori grandi e piccoli con le fiabe e la letteratura popolare. Vogliamo attingere a quell’immaginario che ha generato le storie del passato e raccontarle dall’interno, smontandole e ricomponendole, accentuandone il fascino e l’enigma piuttosto che la ben nota trama. Quello che desideriamo non è proporre l’ennesima variazione illustrata della storia, ma svelarne il portato simbolico attraverso il segno grafico.

Quando si imbatte in un nostro libro, la prima sensazione che il lettore generalmente prova è l’incertezza: l’adulto non è sicuro che si tratti di un libro per bambini e il bambino farebbe fatica a trovargli un posto nella libreria dei genitori. E questa, per l’appunto, è l’essenza stessa della letteratura per l’infanzia: la tensione artistica che percorre lo spazio di relazione tra bambino e adulto. I nostri sono libri che aprono un passaggio tra i due mondi, libri capaci di parlare ai sentimenti tanto dell’uno quanto dell’altro.

Un progetto, insomma, in linea con la tensione alla ricerca e alla sperimentazione che in Italia caratterizza la piccola e media editoria indipendente. E in Spagna?

Nel 2010, mentre la crisi faceva vacillare i grandi marchi dell’editoria tradizionale, in Spagna è esploso il fenomeno della piccola editoria. In particolare fu la mostra Petits editors, grans llibres, a Barcellona, a render conto della molteplicità e dell’eterogeneità di questo panorama editoriale alternativo che andava dispiegandosi. E della validità dei suoi progetti editoriali e della capacità di parlare a un pubblico differente, più dinamico.

A questa iniziativa fece seguito la nascita di una molteplicità di micro progetti editoriali e di festival dove queste editorie potevano presentare i propri prodotti e incontrare i propri lettori, oltre che scambiarsi idee e entrare in relazione le une con le altre. Libros Mutantes e Másquelibros a Madrid; Como Pedro por mi casa, El Festivalet, Arts Libris e Gutter Festival a Barcellona; El Tenderete a Valencia; Bilbao Art Book Fair a Bilbao, giusto per citarne alcuni.

Anche in Italia i momenti d’incontro offerti da fiere e saloni rappresentano dei laboratori di creatività irrinunciabili. Per il panorama dei «piccoli», Più libri più liberi è sicuramente l’evento principale.

Riteniamo che viaggiare e confrontarsi con le piccole editorie di altri Paesi sia fondamentale per un editore come noi, è per questo che cerchiamo di essere presenti alla maggior parte degli appuntamenti europei del settore. Le fiere sono indispensabili perché consentono all’editore di coltivare il contatto diretto con il pubblico. È evidente che internet e i social media aiutino molto, ma nel caso di progetti così «fisici» come i nostri, solo vedendoli, leggendoli, toccandoli e consentendo al pubblico di parlare con gli autori e gli editori si riesce a comunicarli e diffonderli al meglio.

Quando siamo stati per la prima volta al Salon du livre et de la presse jeunesse di Parigi – al quale partecipiamo ormai da sei anni – abbiamo capito che era economicamente possibile vivere con il nostro piccolo progetto editoriale e da quel momento non abbiamo smesso di partecipare a fiere sempre nuove e di confermare la nostra presenza a quelle che già frequentavamo. In futuro ci piacerebbe venire a Più libri più liberi. Peraltro queste fiere coincidono con i momenti nei quali vendiamo di più, riuscendo a raggiungere un pubblico più ampio.

Oltre alle fiere e ai festival, quali sono i canali di marketing e comunicazione attraverso i quali vi proponete?

Uno dei soggetti chiave della nostra rete distributiva sono le librerie indipendenti, nelle quali i nostri libri vengono valorizzati al meglio e hanno la possibilità di incontrare il loro pubblico preferenziale. Anche la rete gioca un ruolo molto importante nella nostra diffusione, soprattutto perché ci permette di valicale i confini nazionali e di rivolgerci all’intero pianeta: è sempre un piacere e una sorpresa quando, attraverso il nostro shop su Etsy, ci arrivano ordini dall’Australia, da Taiwan, dagli Stati Uniti…

Con i nostri lettori cerchiamo di coltivare un dialogo aperto e coinvolgente. Sul nostro blog e sui nostri canali social li rendiamo partecipi di ogni momento del processo di creazione dei nostri libri: dall’ideazione, alla produzione, alla diffusione. In un paio di occasioni abbiamo anche chiesto il loro aiuto attraverso il crowdfunding: lo stiamo facendo anche per El recetario mágico, un gioco che coinvolge i partecipanti in un viaggio alla ricerca degli ingredienti per preparare gustose ricette.

I vostri libri hanno un’importante componente grafica e materica, immagino che questo sia estremamente rilevante per la gestione dei processi produttivi. È così?

Milimbo pubblica libri per tutti coloro che si sentono bambini. Si tratta soprattutto di libri illustrati, che raccontano attraverso le immagini, le forme, i colori, i simboli. Che consentono di esplorare cose che sono difficili da raccontare con le parole. Libri da leggere con gli occhi ben aperti, insomma. Infatti le nostre fonti d’ispirazione sono i maestri del disegno grafico, quelli che hanno colto la tentazione di passare «all’altro lato» della narrazione: Tomy Ungere, Paul Rand, John Alcorn, Bruno Mulari, Iela Mari, Herbert Leupin e tanti altri.

Solitamente seguiamo all’interno ogni fase del processo di creazione dei nostri libri: dalla pianificazione alla produzione. Ci capita anche di coinvolgere altri designer e illustratori nei nostri progetti, magari perché ci piace quello che fanno e li riteniamo particolarmente adatti per qualcosa a cui stiamo lavorando. In quel caso lavoriamo fianco a fianco con loro, integrandoli in ogni fase del processo. La produzione, poi, è una parte che vigiliamo sempre. Ci piace scegliere le carte e i materiali e stare accanto alla macchina da stampa. Per il momento l’abbiamo fatto per ciascuno dei libri che abbiamo pubblicato. È come essere in sala parto.

Alessandra Rotondo


Questo è un articolo della newsletter di Più libri più liberi a cura del Giornale della Libreria, per consultarla clicca qui.

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