L’ascolto è un nuovo modo di leggere? È una domanda che ci possiamo porre osservando i numeri e i dati della presentazione fatta in occasione dell’incontro «Il mercato degli audiolibri: i lettori in ascolto», relativi ai lettori e al mercato degli audiolibri. Detto in altro modo: quanti degli abbonati di Audible, quanti delle migliaia di persone che ascoltano Ad Alta Voce (Rai 3), o che ascoltano in auto o sui mezzi pubblici testi narrativi (ma non solo) si considerano lettori?
Quello degli audiolibri è – diciamolo – un settore che non ha mai avuto grande fortuna in Italia: la spiegazione che ci si dava è che in un Paese di pochi (forti) lettori, l’audiolibro non poteva che avere questa sorte. Inoltre i titoli in questo formato non sono mai stati molti: quelli rilevati da IE nel 2009 avevano raggiunto il picco di 218 titoli (sono esclusi ovviamente i libri che hanno un cd come «materiale allegato») per poi scendere a 50-60 negli ultimi anni.
Certo la crisi economica e delle vendite, i prezzi (un audiolibro fisico ha un prezzo medio di 17 euro, un e-book tra i 5-6 euro), spiegano alcune delle dinamiche produttive sul fisico.
Un mercato che ha circa 1.800-1.900 titoli in catalogo (esclusi ovviamente i fenomeni di auto-registrazione, spesso per scopi «benefici»); un numero che però sale a 2.400 in formato MP3 / MP4 su Audible (stima ricavata dalle indicazioni contenute nel sito).
Un’offerta in larga parte di narrativa adulti (il 38%), appena un 10% di libri per bambini, e (un po’ a sorpresa) un 52% di non fiction. Proporzioni che cambiano, a vantaggio della fiction su Audible (56%) e a svantaggio della non fiction (scende al 35%), mente il settore bambini resta sostanzialmente immutato.
Il problema della (non) ampiezza del catalogo è molto sentito: come ha detto Paola Ergi di Good Mood, fino a poco tempo fa non c’era «mai stata richiesta né catalogo. Noi creiamo il nostro, ma gli editori non hanno mai ritenuto che fosse indispensabile creare un catalogo di audiolibri, e quindi era difficile chiudere degli accordi. Fino a ieri, Audible non c’era, e ora sta facendo il lavoro che gli editori non hanno mai fatto, creando per loro un catalogo in italiano».
Si è provato a dare una prima dimensione di questo mercato. Con alcune avvertenze: è un genere non rilevato singolarmente dalle società di ricerca nei canali trade (alcune indicazioni lo stimano a copie e a valore al di sotto dello 0,1%!). I dati Audible rientrano nella logica di non fornitura di informazioni di Amazon e in ogni caso da acquisti singoli si passa a forme di abbonamento.
La strada che abbiamo deciso di percorrere è stata quella – non esente da limiti e rischi – di rilevare sulle 28 aziende attive (esclusivamente o prevalentemente in questo segmento) i ricavi caratteristici iscritti a bilancio. La stima di fatturato (non di venduto a prezzo di copertina) è di circa 4,8-5,0 milioni di euro. Certo rimangono fuori titoli di cui viene fatta la versione audio da parte di gruppi e grandi case editrici che su alcuni titoli e alcuni autori propongono anche la versione audio. Difficile però immaginare di andare oltre un valore di 7-8 milioni di euro.
In ogni caso se consideriamo l’incidenza di questo mercato sui modi di fruizione digitale (da un 1% che varrebbe rispetto ai canali trade, ma con un +3,1% rispetto al 2014) potrebbe valere un 10%-11% del mercato digitale. Tanto che il fenomeno credo vada guardato in una prospettiva più ampia. Secondo Sergio Polimene, di Emons, «La questione delle nuove tecnologie è basilare. Essere più fruibili è fondamentale. Noi come editori puri siamo produttori di contenuti. Per quanto ci riguarda noi abbiamo sempre venduto gli audiolibri sia su supporto fisico che digitale; ma è innegabile che il 50% delle persone che ascoltano audiolibri lo fanno su smartphone, e questo implica un nuovo modello di business. D’altronde, se i podcast di Ad alta voce raccolgono 500 mila download, un pubblico potenziale c’è».
Come parte di un processo che sta cambiando i modi di leggere (leggiamo molto più oggi rispetto a 10 anni fa, e anche questa è una lettura). Il verbo leggere dunque si declina sempre più in altri modi.
Ma attenzione: non sembra che la scarsità di tempo, talvolta addotta come motivazione per la minore presa di questo formato sui lettori, sia qui la variabile critica essenziale. Da un minimo «carotaggio» che abbiamo fatto mettendo a confronto il tempo della lettura della pagina, di un film tratto dal romanzo, dall’ascolto dello stesso libro, i tempi più lunghi sembrano essere quelli dell’ascolto.
Che la chiave non sia nella dimensione multitasking che assumiamo sempre più nei nostri comportamenti? Riccardo Cavallero è senz’altro d’accordo, e ha annunciato che la Società Editrice Milanese comincerà la propria produzione (dal prossimo gennaio) comprendendo sin da subito gli audiolibri, e offrendoli anzi in bundle: «perché noi siamo produttori di contenuti, prima di ogni cosa».
Sergio Polimene
Questo è un articolo di Giovanni Peresson contenuto nella newsletter di Più libri più liberi a cura del Giornale della Libreria, per consultarla clicca qui.