Per la seconda puntata del nostro viaggio alla scoperta delle piccole e medie realtà editoriali straniere – dopo la statunitense New Directions Publishing, protagonista dell’intervista di qualche settimana fa – arriviamo a Sawtry, un paese di cinquemila abitanti nella contea inglese del Cambridgeshire, dove ha sede la casa editrice Dedalus Books. Il tratto irriverente e anticonformista che caratterizza la sua produzione si evidenzia già dal nome, ispirato a Stephen Dedalus, protagonista inquieto e ribelle del Ritratto dell’artista da giovane, il romanzo semi-autobiografico di James Joyce.
Dedalus Books ha iniziato l’attività il 30 novembre 1983 e a oggi pubblica circa 12 nuovi titoli l’anno di narrativa e saggistica, di cui in media 8-9 in traduzione. Un’attenzione allo scambio e al confronto a livello internazionale, che l’ha portata a essere presente alla scorsa edizione del Fellowship Program di Più libri: un’occasione in cui ha potuto toccare con mano i vantaggi che gli editori possono ottenere grazie alla partecipazione alla fiera organizzata dall’Aie.
«La nostra esperienza in fiera è stata davvero molto positiva – racconta Eric Lane, fondatore e managing director della casa editrice – e abbiamo potuto verificare concretamente come il Fellowship Program possa aiutare gli editori a creare nuove occasioni di collaborazione. Grazie alla partecipazione abbiamo infatti acquistato i diritti di un titolo da un editore italiano (si tratta di Cleopatra va in prigione, scritto da Claudia Durastanti e pubblicato da minimum fax). La presenza in fiera ci ha consentito uno sguardo più completo verso la produzione editoriale italiana e sulla scia di questo abbiamo acquistato i diritti per un altro titolo italiano, tramite un agente letterario. Credo che una fiera simile dovrebbe essere organizzata anche nel Regno Unito».
Ma facciamo un passo indietro. Qual è stato il percorso di Dedalus Books?
Sono da sempre un grande amante delle opere di Verga e una delle prime sfide che ho voluto affrontare appena sono diventato un editore indipendente è stata quella di commissionare la traduzione de I Malavoglia a Judith Landry – che ha tradotto successivamente per noi anche altri titoli dall’italiano – che abbiamo poi pubblicato nel 1985. L’idea inizialmente non ha dato i frutti sperati ma col tempo il titolo è riuscito ad avere buoni risultati di vendita, portandoci a pubblicarne diverse edizioni.
I primi anni di Dedalus Books sono stati particolarmente difficili. Ci avevano affibbiato anche il soprannome di Deadloss (Peso morto) e io ero stato indicato sul «The Guardian» come editore della casa editrice Deadloss! Tutto sembrava andare per il peggio, quando finalmente una recensione positiva di un nostro titolo è apparsa proprio sul «The Guardian». Si trattava di Arabian Nightmare, scritto da Robert Irwin e giudicato dal quotidiano «particolarmente brillante». Questa recensione ha attirato l’attenzione di Penguin che ha deciso nel 1985 di comprare i diritti del libro per 21 mila sterline. Una vera e propria boccata di ossigeno che ci ha permesso di affrontare gli obiettivi successivi con più serenità.
Per quanto riguarda i titoli in traduzione, il vero giro di boa è avvenuto nel 2011, grazie alla pubblicazione del romanzo New Finnish Grammar di Diego Marani. La versione originale italiana, Nuova grammatica finlandese, era stata pubblicata da Bompiani dieci anni prima e quindi non avevo grandi aspettative di vendita. Pensavo infatti di riuscire a venderne non più di 300 copie, ma per fortuna mi sbagliavo: il libro ha venduto 28 mila copie e l’edizione australiana circa 4 mila. Grazie al titolo di Marani abbiamo potuto constatare che anche i titoli in traduzione possono portare a buoni risultati di vendita qui nel Regno Unito.
Dedalus non pubblica però solo narrativa. I nostri titoli di saggistica sono «molto particolari», come quelli ospitati nella collana Dedalus Concept Books (tra cui The Decadent Cookbook, un libro di cucina non convenzionale sulle ossessioni culinarie dei protagonisti più controversi delle diverse epoche storiche, da Caligola al marchese De Sade, ndr). L’unico nostro libro di saggistica tradotto in italiano è stato The Dedalus Book of Absinthe, pubblicato in Italia da Voland con il titolo Il libro dell’assenzio.
E gli obiettivi per il futuro?
Abbiamo due progetti molto ambiziosi. Il primo è celebrare il centenario del «Representation of People Act» del 1918 – con cui è stato riconosciuto per la prima volta il diritto di voto alle donne nel Regno Unito – e dell’introduzione del suffragio universale nel 1928, con la traduzione, nei prossimi dieci anni, di sei libri ogni anno scritti da altrettante scrittrici, per un totale di 60 titoli. Nel biennio 2019-2020 abbiamo in programma di estendere la nostra attività alla narrativa di autore straniero per bambini e ragazzi. Se il progetto avrà risultati positivi, daremo vita a un marchio dedicato, Young Dedalus.
Qual è la situazione delle piccole e medie case editrici nel Regno Unito?
La situazione sta diventando più complessa per i piccoli editori, a causa sia del calo di attenzione generalizzato dei media e del pubblico verso il libro, sia della tendenza delle librerie a essere più «prudenti» nella scelta dei titoli e nella gestione del magazzino. Sugli scaffali delle librerie Waterstones, per esempio, sono presenti i nostri titoli di backlist, ma le novità faticano a trovare collocazione. Solo i titoli che già dall’inizio godono di una sufficiente notorietà arrivano a essere esposti in libreria e questo vale non solo per le librerie di catena ma anche per quelle indipendenti.
Un altro problema è l’assenza di strategie finalizzate alla promozione della piccola e media editoria e alla valorizzazione della sua importanza culturale e commerciale. In questo senso credo che l’Italia sia più avanti rispetto a noi, anche per l’esistenza di eventi espressamente dedicati come Più libri. Nonostante questa mancanza, il settore delle industrie creative è comunque quello che presenta la crescita più forte qui nel Regno Unito.
Com’è percepita l’editoria italiana nel Regno Unito?
È molto difficile parlare a livello generale, anche per la continua evoluzione del settore. Oggi gli editori e gli agenti italiani mi sembrano molto più attivi e impegnati nella vendita di diritti nei mercati di lingua inglese. Alcuni editori italiani hanno anche aperto sedi e nuove realtà nel Regno Unito, ottenendo risultati davvero molto buoni.
Dal nostro punto di vista, la narrativa italiana è diventata sempre più importante negli ultimi anni. Oltre ai titoli già citati, abbiamo pubblicato The Mussolini Canal di Antonio Pennacchi, Portrait of a Family with a Fat Daughter di Margherita Giacobino e a novembre di quest’anno è previsto The Price of Dreams, sempre della Giacobino. Nel caso di titoli in traduzione, sono convinto che uno degli elementi principali che può contribuire al successo sia la scelta del traduttore. Dedalus Books ha da sempre potuto contare su traduttori di grande esperienza, con i quali ha potuto costruire un rapporto basato sulla fiducia e sull’amore per la cultura.
Questo è un articolo della newsletter di Più libri più liberi a cura del Giornale della Libreria, per consultarla clicca qui.