Il self publishing pareva fino a qualche anno fa esclusivamente una minaccia. Poi, se esplorato bene dallo scouting editoriale, si è rivelato un bacino interessante di scoperta di nuovi autori e di nuovi mondi narrativi. L’occasione dell’incontro a PLPL moderato da Cristina Mussinelli, al quale hanno partecipato, con me, Vittorio Anastasia (Ediciclo), Lorenzo Fabbri (ilmiolibro.it) e l’autrice Rita Carla Francesca Monticelli, è la presentazione della prima indagine nazionale sul fenomeno del self publishing e di tutte quelle operazioni che partono da autori presenti sulla rete e che diventano base di partenza per riusciti (o meno) casi editoriali.
Il settore del self publishing e quello dell’editoria si basano su due modelli imprenditoriali molto diversi, anche se il prodotto finale – libro stampato o e-book – può apparire lo stesso. L’editore compie una selezione – coerente con il suo progetto editoriale – tra i testi e gli autori che gli vengono proposti (da agenti, da suoi colleghi nelle fiere, dagli stessi esordienti, attraverso attività di scouting): fa una scommessa. Su quel titolo, su quell’autore investe acquisendone i diritti di sfruttamento, facendone l’editing, e remunerando l’autore sulle copie vendute, svolgendo tutte quelle attività di marketing, comunicazione e commercializzazione i cui costi (si augura) verranno poi remunerati dalle copie vendute. Le aziende di self publishing offrono un set di servizi – sempre più articolati, sofisticati e innovativi (corsi di scrittura ad esempio) – a chi vuole pubblicare un libro e che, per questo, ne «compra» alcuni o tutti tra quelli che gli vengono proposti.
Non è certo un settore e un comportamento innovativo: dall’Artusi a Italo Svevo a Gadda, a molti altri autori della letteratura contemporanea italiana e internazionale hanno fatto ricorso, in forme diverse (sottoscrizioni degli amici e filantropi, pagamento di tasca propria) all’autopubblicazione. Certamente è rimasto sempre – e ancora oggi lo è – un settore opaco, difficile da definire e quantificare nelle sue dimensioni. Tanto più oggi, quando le tecnologie rendono più facile all’autore pubblicarsi, gestire le fasi e le attività di marketing e comunicazione attraverso i social. Ma anche alle aziende offrire a loro volta servizi: per la versione cartacea o quella in formato e-book, talvolta consulenze di editing, di grafica sulle copertine, la comunicazione, la distribuzione fisica in librerie convenzionate, fino a veri e propri corsi di scrittura.
Resta in ogni caso netto lo spartiacque: da una parte l’acquisto di un diritto di edizione coerente con il suo piano editoriale e su cui l’editore investe e scommette, dall’altro un servizio (talvolta anche innovativo) che viene offerto sul mercato. L’autopubblicazione ha avuto un incremento significativo con lo sviluppo del digitale (la possibilità di pubblicare direttamente in formato e-book), e dei social (la possibilità di fare campagne di marketing virale). Nel 2015 il 41% degli e-book pubblicati sono titoli self publishing (in totale 25.817 titoli) contro l’1,2% del 2010 (146 titoli). Per quanto riguarda il formato cartaceo, il fenomeno dell’autopubblicazione ha avuto un impatto minore per le problematiche di accesso ai canali di vendita (soprattutto fisici) e nonostante le trasformazioni che hanno avuto i processi di stampa digitale (il caso Espresso Book machine). I titoli autopubblicati rappresentano circa il 9% della produzione editoriale complessiva (il 7% nel 2010). Possiamo stimare (con qualche cautela) che in totale ci siano oggi circa 27-28 mila persone che hanno scritto, scrivono e si sono auto pubblicate nei vari formati negli ultimi anni. Con una sovrapposizione non stimabile tra chi sceglie di pubblicare un libro tradizionale. La situazione sembra molto diversa se si considera l’autoproduzione che ha come risultato finale il libro cartaceo tradizionale piuttosto che quella in cui la pubblicazione si traduce in un e-book.
La produzione di libri cartacei autopubblicati registra una contrazione della fiction generalista a vantaggio di altri generi. I titoli di fiction pubblicati nel 2015 sono il 50%, mentre nel 2010 erano il 79%. È triplicata la non fiction pratica (6% nel 2015, era il 2% nel 2010) e il settore del libri per bambini ha preso consistenza (4% nel 2015, ma era il 2% nel 2010). Nella produzione di e-book assistiamo invece a una tendenza opposta, con la narrativa in crescita: rappresenta un titolo su due nel 2015, il 56%, mentre era il 45% nel 2010. Aumenta anche la non finction pratica: è il 16% nel 2015, mentre cinque anni prima era il 9%. A una contrazione assistiamo nella non fiction generale (la saggistica), che nel 2015 è il 14% mentre nel 2010 occupava più di un quarto della produzione con il 29%.
L’opacità del settore – carta, digitale, canali trade, Amazon con il suo Kindle Direct Publishing – rende non facile la stima del mercato. Un valore di mercato (calcolato a partire dai ricavi caratteristici dei principali player italiani del settore) può essere stimato in almeno 17 milioni di euro. Da questo valore sono esclusi gli acquisti di copie da parte dell’autore o del pubblico nei canali di vendita, e soprattutto quelle che transitano attraverso il Kindle Direct Publishing di Amazon. Un valore che rappresenta l’1,6%-2,0% del fatturato dei canali trade. La crescita tra 2014 e 2015 – probabilmente anche a causa dello spostamento verso l’ebook – appare comunque modesta (+1%) ma, appunto, non considera le attività di Kindle Direct Publishing
A questo settore da qualche anno hanno iniziato a guardare con crescente interesse gli editori stessi (e scout dedicati) considerandolo come un potenziale bacino di scoperta di nuovi autori e di tendenze letterarie. I nomi italiani e stranieri anche qui sono noti; paradossalmente però, è solo nel momento in cui l’editore sceglie di pubblicare un autore che si era precedentemente autopubblicato (con le relative attività di editing, marketing, comunicazione) che si iniziano a scalare le classifiche di vendita e i numeri delle copie si fanno importanti, fino a dar vita a veri e propri casi letterari e di costume.
Ma crediamo che la dimensione che è andato assumendo questo fenomeno aiuti a farci comprendere cambiamenti ben più profondi. Oggi leggiamo e scriviamo appunto molto di più – infinitamente di più – rispetto al passato. I numeri degli utenti giornalieri di Facebook, LinkedIn, Twitter, i siti di fan fiction sono lì ogni volta a mostrarcelo. Dietro il fenomeno, insomma, sembra di intravedere dei cambiamenti antropologici profondi nel modo di intendere e di intendersi lettori e scrittori. Cambiamenti che vanno al di là di un concetto meteorologico temporaneo come può essere quello della «tempesta perfetta».
Significativa è l’esperienza raccontata da Lorenzo Fabbri: «ilmiolibro.it nasce nel 2008 come esperimento, come osservatorio di quelle dinamiche che, dall’editoria, si sarebbero poi riverberate su altri settori del digitale». Tre sono i temi che Fabbri considera centrali: «quello dell’accesso, che il digitale allarga a tutti senza distinzione. Quello della selezione, che con il self publishing non avviene più a monte ma a valle del processo produttivo, e fa sì che le cose più interessanti emergano grazie alle scelte degli utenti. Infine, il tema del rapporto diretto tra autore e pubblico». Un rapporto che si allarga al di là del libro, commenta l’autrice Rita Carla Francesca Monticelli, e si nutre di social e di blog. Lei si definisce autoeditrice: «Non solo scrivo i miei libri, ma li trasformo anche in un prodotto di qualità che promuovo e vendo. Questo non vuol dire che faccio tutto da sola, come spesso si ritiene parlando di self publishing, piuttosto che ho l’ultima parola sul mio prodotto, pur affidandomi in più fasi alla professionalità e al lavoro di altri».
Più cauta, infine, la visione di Vittorio Anastasia di Ediciclo, che per il momento non si sente particolarmente toccato dal fenomeno. «Quello che facciamo rispetto alle nuove possibilità aperte dalla rete e dal digitale è monitorare il web alla ricerca di persone che hanno qualcosa di sensato da dire e proporre loro una pubblicazione “classica”». Ma non è solo per lo scouting che la conoscenza della rete diventa indispensabile: «Ediciclo ha puntato sulla riconoscibilità dei prodotti digitali uniformando, per gli e-book, la grafica di copertina. Sulle piattaforme online è molto importante rendere visibile il proprio marchio, farsi trovare dal lettore che ci sta cercando». Ma è forse sulla carta che l’editore deve dare il massimo, «selezionando ancora meglio opere e autori e lavorando con enorme professionalità», conclude Anastasia.
Questo è un articolo di Giovanni Peresson contenuto nella newsletter di Più libri più liberi a cura del Giornale della Libreria, per consultarla clicca qui.