Il settore dei libri per bambini continua a crescere, tanto che quasi nessun editore può pensare oggi di trascurarlo, grande o piccolo che sia. Dal 2010 al 2015 la produzione per i più piccoli è cresciuta decisamente di più rispetto al resto: fatto 100 il valore dei titoli pubblicati, mentre l’editoria «maggiore» rimane sostanzialmente stabile nei 5 anni considerati, quella per ragazzi aumenta del 37,2%. E ad aumentare sono anche le case editrici che pubblicano almeno una collana di libri per bambini: dalle 92 del 1987 alle 160 del 2000, fino alle quasi 200 del 2014. Attualmente, il 17% delle case editrici attive in Italia pubblica libri per bambini e ragazzi (esclusi YA e graphic novel).

Introdotti dalle coordinate sul mercato date da Giovanni Peresson, oggi a Più libri più liberi si sono confrontati sul tema Francesca Archinto di Babalibri, Marta Corsi de La Nuova Frontiera (che con la sigla Junior sta esplorando il settore) e Beniamino Sidoti, autore ed esperto di libri per ragazzi.

È proprio Sidoti a definire l’editoria per bambini e ragazzi come una somma di nicchie. «Gli editori si concentrano su una o due “specialità” e le affrontano verticalmente». Per quanto riguarda questa crescita che sembra incessante, sempre Sidoti commenta che è al contempo un segno positivo e negativo. «Positivo perché così il settore manifesta la sua maturità, la sua capacità di crescere grazie al pubblico che ha saputo coltivarsi ed educare». Negativo perché, diventando grandi, i ragazzi non si trasformano in lettori adulti, e questo è in gran parte imputabile alla mancanza di politiche pubbliche sul tema. «La lettura è un bene comune e il libro non è una merce come altre. Non ci si può affidare soltanto a un mercato che funziona: ci vogliono provvedimenti e strutture» precisa Sidoti.

Molte delle case editrici che oggi costituiscono il panorama di settore sono nate vent’anni fa, in un momento di grande trasformazione che raccoglieva il testimone, dopo qualche decennio di stanca, del periodo d’oro del libro per ragazzi vissuto dall’Italia tra gli anni Cinquanta e Sessanta. «Queste realtà non hanno lavorato solo sulla promozione dei libri finalizzata alla vendita. Hanno cercato piuttosto di accompagnarli sul mercato, in primo luogo attraverso la sensibilizzazione e la formazione degli adulti» racconta Francesca Archinto. «Babalibri ha individuato come sua nicchia la fascia prescolare – continua Archinto –. Collocarsi in maniera precisa è un fattore di riconoscibilità molto forte. Come lo è rendere visibile il lavoro di autori e illustratori», aiutare il pubblico a individuarli come portatori di valore.

«La crescita del settore è anche merito dei piccoli e medi editori e della loro volontà di ricerca e di scoperta – sottolinea Marta Corsi –. Anche perché in un Paese in cui il 9% della popolazione non ha un libro in casa lo spazio per crescere c’è eccome». Promozione e alfabetizzazione sono, secondo lei, le chiavi per potenziare il mercato, soprattutto rispetto ai «tanti pregiudizi che può nutrire un genitore, e che i consigli di un bravo libraio possono sfatare».

Sidoti individua in tre fenomeni in particolare le evoluzioni significative del settore. In primo luogo, la perdita di vigore della serialità nel segmento dei lettori dai 7 ai 10 anni: «affetta da cronico strabismo, con un occhio al catalogo e una alla novità, ma di difficile gestione sia per il libraio che per la scuola». L’allentarsi della serialità consentirà probabilmente alla produzione di esplorare nuove dimensioni, e di conseguenza lo renderà possibile ai lettori.

Ad attirare l’attenzione di Sidoti è anche il ritorno, negli ultimi due anni, alla divulgazione. «Slegata dalla scuola, autonoma, curiosa, e concentrata sul segmento prescolare. E poi il tramonto del Young Adult, che in Italia ha peccato di non essere né carne né pesce» mentre altrove ha rappresentato la maniera, per l’editoria, di uscire dallo steccato di ciò che era opportuno far leggere ai ragazzi, conseguendo il desiderabile obiettivo di rivolgersi a più pubblici contemporaneamente.

Ma è la stessa definizione di editoria per ragazzi ad avere ormai dei confini mobili, elastici.. E se è in atto un fenomeno di «infantilizzazione dei trentenni – osserva Marta Corsi – sempre più frequentemente interessati a libri pensati per lettori con meno della metà dei loro anni», la scelta da parte degli adulti in favore della letteratura per ragazzi può anche essere quella di un lettore consapevole «che in quel settore scorge una maggiore cura e professionalità» controbatte Sidoti.

La chiave del successo, comunque, sembra essere proprio nella specializzazione e nella capacità di «pensare internazionale». È il caso di Minibombo, che tra carta e digitale ha sempre guardato oltre l’Italia, o della Coccinella che, portando avanti la cartotecnica, è diventata un’eccellenza anche all’estero. Francesca Archinto evidenzia come oggi anche gli editori molto piccoli non hanno paura di proporsi al mercato internazionale. «Il fatto che si vendano più diritti di quanti se ne comprano rappresenta un ulteriore segno della maturità del settore», commenta. Un buon segnale, benché si tenga presente che la maturità rende complesso l’ingesso di nuovi attori, e richiede loro un notevole livello di preparazione.

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Questo è un articolo di Alessandra Rotondo contenuto nella newsletter di Più libri più liberi a cura del Giornale della Libreria, per consultarla clicca qui.