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Gli italiani senza biblioteche e librerie. Senza infrastrutture non si va lontano

13 dicembre 2016

Sono circa 13,0 milioni gli italiani che vivono in comuni con più di 10 mila abitanti e che sono senza una libreria. Altri 16 milioni in quelli che hanno meno di 10 mila abitanti. Questi sono alcuni dei dati presentati nel corso dell’incontro «Gli italiani senza biblioteche e librerie. Senza infrastrutture non si va lontano», che ha visto la partecipazione di Antonella Agnoli, consulente bibliotecaria, e di Patricia Navarra del Gruppo Tecnico Cultura e Sviluppo di Confindustria.

ll 21% della popolazione residente in comuni con più di 10 mila abitanti non ha una libreria vicino casa (restano ovviamente esclusi i comuni dove possono esserci cartolibrerie, edicole-negozio, un centro commerciale con una libreria al suo interno nel bacino di attrazione del comune).

Detto in altro modo, esistono oggi in Italia 687 comuni sopra i 10 mila abitanti (il 9% del totale) che non hanno una vera e propria libreria.
Per di più nelle Isole e nelle regioni del Sud la percentuale di assenza di librerie si alza in maniera significativa: il 15% dei Comuni delle Isole e il 33% di quelli del Sud ne sono privi. Ma ci sono valori importanti anche nel Nord Est con un 21% di comuni in cui non esistono librerie.
I libri – o l’assenza di libri, le librerie o l’assenza di librerie, le biblioteche o l’assenza di biblioteche – hanno un ruolo centrale nella vita di un Paese e sono anche uno strumento per misurarne lo stato di salute. Un’indagine ormai diventata un classico per la realtà italiana [indicare link] mostrava già 10 anni fa, che se le regioni del Sud avessero avuto nel 1973 gli stessi indici di lettura delle regioni del Nord, il loro Pil nella metà del decennio scorso sarebbe stato di 20 punti percentuali più alto.

Altre indagini ci dicono che il 37% di dirigenti, professionisti, quadri intermedi non legge nessun libro. La lettura è un fenomeno strettamente correlato con lo sviluppo economico e democratico di una nazione. Il che significa che i Paesi più avanzati e le società più aperte domandano naturalmente più libri, ma significa anche che non possiamo pensare al nostro sviluppo economico, civile e sociale dimenticando la funzione dei libri. E non possiamo pensare a uno sviluppo della lettura senza avere infrastrutture: biblioteche, biblioteche scolastiche, librerie.

La partecipazione a un festival a una pubblica lettura può rimanere (rimane) fino a sé stesso se chi torna a casa non ha la possibilità di poter scegliere cosa leggere all’interno di un assortimento ampio, profondo e articolato di proposte. E questo avviene (in negativo) già nell’età della scuola. Circa mezzo milione di ragazzi frequenta scuole senza biblioteche scolastiche. Sono 262 mila nella scuola primaria, 147 mila nella secondaria di primo grado (cioè negli anni in cui si forma il gusto di leggere e il rapporto con il libro). Altri 77 mila nella secondaria di secondo grado. Se alziamo un po’ l’asticella e non ci chiediamo solo quanti sono i ragazzi che frequentano scuole senza biblioteca, ma quanti sono quelli che frequentano scuole in cui il patrimonio bibliotecario è inferiore alla media nazionale, vediamo che stiamo parlando di circa 3,5 milioni di studenti. Un patrimonio inferiore alla media comporta una ridotta possibilità di scegliere cosa leggere. E stiamo parlando di medie di patrimoni bibliotecari che oscillano – a seconda degli ordini scolastici tra 1.500-3.500 volumi)
Esiste una correlazione tra assenza di librerie e indici di lettura? A giudicare dai dati sembrerebbe proprio di sì, anche se intervengono altre variabili (reddito e titolo d’istruzione in primo luogo).

Nelle aree metropolitane e nei centri urbani maggiori (+50 mila abitanti) – dove il tessuto di librerie, ma anche di servizi bibliotecari è più fitto e solido – gli abitanti residenti che si dichiarano lettori di libri sono, rispettivamente, il 51% e il 44%. Già nelle periferie delle aree urbane questo valore scende al 42% (nonostante la relativa facilità di spostamenti verso le aree centrali della città). Poi l’indice di lettura cala al calare della dimensione del centro urbano: 38% nei comuni tra 10-50 mila abitanti; 39% in quelli da 2-10 mila; fino al 35% nei comuni (e sono tanti) fino a 2 mila residenti.

E non è un caso che le perdite maggiori di lettori negli ultimi cinque anni siano avvenute nei piccoli centri (-15% rispetto a una perdita media nazionale del -9%). Mentre nelle aree metropolitane questo calo si è arrestato al -3% ma per risalire al -5% nelle periferie. Certamente l’e-commerce può aver rappresentato in questi anni una risorsa per accedere alla lettura in assenza di vere e proprie infrastrutture e aver rallentato nei piccoli medi centri la perdita di lettori. Ma l’assenza di infrastrutture in cui il cittadino può prendere visione di un’offerta ampia e profonda come possono essere le librerie, le biblioteche di pubblica lettura, le biblioteche scolastiche rappresenta uno snodo che le politiche culturali del Paese dovrà saper decidere di affrontare concretamente nei prossimi anni. «Sono dati che fanno riflettere e che sottolineano quanto lavoro ci sia ancora da fare – ha spiegato Patricia Navarra durante l’incontro. Esiste infatti una stretta correlazione tra cultura e sviluppo economico e le linee guida di Confindustria sono indirizzate a evidenziare questo aspetto. Come Gruppo Tecnico Cultura e Sviluppo di Confindustria stiamo lavorando per esempio nel cercare di ridurre la distanze che esistono tra il centro e le periferie delle città e per mettere in luce le best practices che si sviluppano nel nostro Paese, così da farle diventare un esempio per le altre realtà».

«Nelle realtà in cui si trovano librerie, biblioteche, ma anche cinema e teatri, si vive meglio – ha aggiunto Antonella Agnoli. Le librerie e le biblioteche devono diventare sempre di più luoghi di scambio e di relazione tra le persone. Come commento ai dati sulle Isole, vorrei evidenziare una profonda differenza tra la Sicilia e la Sardegna. In Sardegna infatti si hanno indici di lettura confrontabili con quelli del Centro Nord, grazie alla creazione e allo sviluppo di servizi  e strutture adeguate. In molte zone d’Italia poi le biblioteche pubbliche stanno continuando a supplire alla mancanza di biblioteche scolastiche e universitarie. Molti sono i problemi che affliggono le biblioteche italiane: sono spesso invase da libri, hanno patrimoni molto datati, sedi e orari inadeguati. Il personale poi nella maggior parte dei casi non è mai stato formato a lavorare con le persone. Infine, sono luoghi spesso invasi da studenti che poi non diventano fruitori della biblioteca».


Questo è un articolo di Giovanni Peresson contenuto nella newsletter di Più libri più liberi a cura del Giornale della Libreria, per consultarla clicca qui.

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