Oggi al MAAM – Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz_città meticcia, in collaborazione con Più libri più liberi si è svolto l’incontro “Io è un Altro e il suo reciproco” con Marc Augé, Giorgio de Finis e Marino Sinibaldi con la partecipazione di Luca Bergamo, assessore alla Crescita Culturale del Comune di Roma e Gigi Riva, giornalista de l’Espresso.
Il 10 dicembre di sessantotto anni fa, fu ratificata a Parigi la Dichiarazione universale dei diritti umani. Attualmente molti degli articoli di questo codice etico internazionale, redatto dopo le carneficine del secondo conflitto mondiale, l’Olocausto nazista e le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, sono di fatto inapplicati. E non solo dagli Stati che, pur dentro la compagine delle Nazioni Unite, non vi si potevano conformare – perché caratterizzati, ieri e oggi, da regimi totalitari – ma anche da coloro che l’hanno voluta e sottoscritta. La Francia, patria della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, i cui princìpi sono alla base della carta redatta nel secondo dopoguerra, ha sospeso l’applicazione della Cedu dichiarando lo stato di emergenza in risposta agli attacchi jihadisti subiti, per un tragico scherzo del destino proprio a Parigi e a Nizza, dove fu firmata la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
L’attacco massiccio nei confronti dei diritti umani non è solo una questione inerente la “sicurezza” e le leggi speciali in tempo di “guerra”. Ha a che vedere soprattutto con l’aumento progressivo e incessante della diseguaglianza che caratterizza il modello di sviluppo perseguito dalla globalizzazione, con un 1% della popolazione mondiale che possiede il 46% delle risorse disponibili e un 50% della popolazione mondiale che non possiede nulla. Due miliardi di persone, appartenenti a questo 50%, ricorda Alain Badiou, “non dovrebbero esistere”, perché non sono, e non possono diventarlo, né produttori né consumatori: “…passare da quelli che dovrebbero non esistere alle pratiche mirate alla loro inesistenza, il passo è breve”. Sono le “vite di scarto” di cui parla Bauman. Umanità in esubero, esistenze da rottamare. Un modo per negare questa fetta di umanità è proprio non riconoscerle i diritti. Basti pensare agli accordi di Dublino, che vietano a profughi e migranti quella libertà di movimento che nessuno si sognerebbe di negare ad altre categorie umane meglio equipaggiate economicamente (studenti stranieri, uomini d’affari, turisti) costringendoli a restare nel primo paese di arrivo, quale che fosse la destinazione desiderata.
Il passo dopo è lo “sterminio”. È improprio chiamare così la mattanza che si svolge nelle acque del Mediterraneo, con i cadaveri che si arenano sul bagnasciuga a pochi metri dai villeggianti che prendono il sole? O quello delle popolazioni africane decimate dall’Aids e dalle epidemie (che non si arrestano perché le multinazionali dei farmaci non sono disposte a rinunciare a una quota dei profitti, permettendo le cure anche a chi non è in condizione di pagarle)? O ancora le vittime ignorate delle mille guerre “minori” che si combattono con il fine di “zonizzare” interi territori e permetterne il saccheggio…
Interrogarsi oggi sui diritti dell’uomo non è, dunque, un esercizio storiografico, vista la portata delle diseguaglianze cui assistiamo. “A un certo grado di diseguaglianza, parlare di democrazia o di norma democratica non ha più alcun senso”, conclude Badieu. Occorre chiedere a Marc Augé, se c’è una soglia relativa alla disuguaglianza oltre la quale parlare di “genere umano” diventa impossibile. Dato lo stato delle cose, delle due l’una, o si aboliscono i diritti dell’uomo o si espelle dall’umanità una parte (sempre crescente) della popolazione mondiale. I diritti saranno appannaggio solo dei cittadini facoltosi.
Scrive a proposito l’antropologo francese: “è perché ogni individuo è consapevole della presenza in lui di una dimensione generica che può sentirsi vicino a qualsiasi altro essere umano”. Ma, ricorda Augé, “la consapevolezza che, secondo le parole di Rimbaud, ‘Io è un Altro’, non conduce necessariamente alla proposizione inversa e reciproca: ‘l’Altro è un Io’”!